giovedì 2 settembre 2010

MI PRESENTO...

Sono Mara Bridi, una pedagogista che ama il proprio lavoro grazie alle persone che incontra quotidianamente.
Nella mia esperienza le persone mi hanno sempre dato molto, facendomi dono prezioso delle loro parole e del loro non detto, che hanno contribuito alla mia evoluzione. 
Il mio lavoro è una grande "passione", talvolta poco distinguibile da un hobby, poiché in esso trovo quella sensazione di "piacere" che mi proietta in una dimensione di continua "tensione" verso uno stato migliorativo della mia persona. 
Una mia qualità, maturata nel tempo, è saper vedere negli eventi, anche i più dolorosi, delle opportunità di crescita. Penso che le persone per essere "migliori" debbano obbligatoriamente passare attraverso tappe della vita segnate anche dalla sofferenza. 
Stimolare gli altri a "vedere" ed "andare oltre" è forse il senso profondo del mio agire professionale. Un lavoro di ricerca e di passione, ingredienti sempre presenti in alcuni miei piccoli grandi "successi", ingredienti che sanno dare al "cambiamento" quel sapore in più, che sa di mistero e di magia. 
  
Non mi ritengo una "grande esperta", semplicemente credo in quello che faccio e ho continua sete di formazione, anche se spesso imparo di più facendo che non studiando. 
Penso  che l'aggiornamento sia obbligato nel mio lavoro, o forse in tutti. Allo stesso tempo penso che non sempre sia possibile calare la teoria nella realtà. Per questo mi considero più una pedagogista del fare, anche se ciò non esclude il pensiero che sta alla base di una reale azione educativa. Ciò che distingue i veri educatori dalla generalizzazione odierna, in cui tutti sembriamo essere "educatori", è l'intenzionalità, frutto di una buona commistione di conoscenza ed esperienza.  
Provo un grande fastidio quando i "grandi progetti rimangono sulla carta", e spendiamo migliaia di euro, impiegando risorse e competenze che si perdono per la mancanza di un serio investimento nella continuità. 

Mi piace riflettere sulle cose, pormi domande a cui non sempre pretendo da me stessa di dover e saper dare risposte. Questa è diventata, nel tempo, anche la mia filosofia di vita.
Essere pedagogista per me significa dare un SENSO alle cose, andare in profondità e "succhiare tutto il midollo della vita". Significa FERMARMI a riflettere e poi guardare avanti, PROGETTARE, pormi obiettivi, FARE.
Dalla mia esperienza ho imparato che "solo chi fa può sbagliare", e che le persone "intelligenti" sanno imparare dai propri errori e da quelli degli altri. Talvolta è necessario avere il coraggio di "osare", e non tutti ce l'hanno, e questo lo comprendo. 
Non mi interessa conoscere i mille "perché" delle cose che accadono, sarei bugiarda se dicessi che non mi interessa mai, per cui diciamo meglio che: trovare una spiegazione certa ed univoca per quello che succede semplicemente non è il fine del mio lavoro (e lo capisco solo oggi, quando mi mancano 10 esami per una seconda laurea in psicologia, in cui ho investito oculatamente i miei risparmi).
In realtà penso che non esista un'unica spiegazione, che non esista una relazione di semplice causa-effetto, secondo la legge di causalità diretta, ma che le cose accadono per il misterioso e spesso inspiegabile interagire di innumerevoli variabili. Nei miei studi ho infatti approfondito, e forse "sposato", la teoria della "casualità multifattoriale" di Francesca Emiliani.  

Penso che le situazioni possano cambiare anche valorizzando le possibilità, al di là di un'analisi scientifica della complessità, a volte necessaria, altre no. 
Nel mio lavoro parto sempre dal vedere la persona che ho di fronte come una risorsa per se stessa ed anche per me, una fonte inesauribile di potenzialità che necessitano di un incoraggiamento mirato per potersi esprimere. Spesso è un percorso difficile, non solo per la "drammaticità" di alcune storie, ma ancor più perché gli altri inconsapevolmente agiscono sui nostri "cassetti interiori", aprendoli e chiudendoli in continuazione. E un buon operatore deve continuamente lavorare su di sé per poter agire nell'interesse del bene dell'altro, e non del proprio.
Valorizzare le potenzialità è un lavoro in divenire che si dispiega all'interno di una relazione educativa autentica, che, lungi dall'essere una relazione "terapeutica" che si concentra sulla patologia, è in grado di far nascere, grazie ad un legame di fiducia che si va sviluppando, quelle risorse necessarie alla persona per prendersi cura di se stessa e far fronte alle difficoltà della sua esistenza. Sto parlando dell'AUTOSTIMA.


Uno dei complimenti più belli.
Una coppia di genitori: "L'ultima volta che siamo stati in terapia di coppia, siamo usciti chiedendoci se il professionista avesse più problemi d noi. Lei che segue nostra figlia, ci ha dato qualcosa di più, ci ha fatto sentire normali".


Siamo tutti uomini dentro una storia. Sospendiamo il giudizio sugli uomini e ascoltiamo le storie. Abbiamo tutti molto da imparare.